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Non sono bastati anni di battaglie, di sensibilizzazioni, di proteste dei cittadini, l’esito chiaro di un Referendum: nella provincia di Viterbo si sceglie deliberatamente di calpestare il diritto dei cittadini a considerare l’acqua un Bene Pubblico. È ormai nota a tutti la notizia di questi giorni della decisione ratificata dall’Assemblea dei soci di Talete (ovvero i comuni della Tuscia) di procedere alla cessione del 40% delle quote della società che gestisce il servizio idrico nella provincia ai privati. Sincerandosi dietro lo spettro “di portare i libri in tribunale di Talete”, gli attori protagonisti di questo inesorabile declino, hanno dato “il via libera” alle procedure per la cessione del 40% di quote ai privati.

Siamo di fronte all’atto più grave che si possa tentare alla democrazia, ai diritti del cittadino. Con la cessione delle quote di Talete ai privati scompare il diritto dei cittadini all’acqua pubblica. E per questa scelta sappiamo bene a chi dobbiamo rivolgerci: a quella politica che negli ultimi dieci anni ha amministrato e rappresentato la Regione, ha costruito la maggioranza in Provincia, si è insinuata nella gestione di Talete (e purtroppo non solo) e ha messo radici in molti Comuni della Tuscia. Tutto senza mai tenere conto delle esigenze dei cittadini, dei diritti e della tutela del bene comune. 

L’ultima assemblea dei soci di Talete ha rappresentato chiaramente il risultato di questa gestione: elencando difficoltà economiche, mancanza di investimenti, disagi per i cittadini, precarietà della rete e del servizio, organizzazione societaria discutibile. Invece di avere il coraggio di assumersi le proprie responsabilità, di dire “scusate”, di farsi da parte, i protagonisti di questo “mistero buffo” hanno ancora una volta svicolato il problema e messo i comuni nella condizione di scegliere la via della cessione delle quote, in barba alla democrazia e al rispetto delle comunità che amministrano. 

Cosa succederà ora? Intanto c’è il rammarico di aver letto la certificazione delle nostre paure: le segnalazioni sulla precarietà del servizio, sulla discutibile gestione societaria, sui disservizi, sulle bollette che aumentavano spropositatamente, sul baratro economico di Talete che si stava avvicinando. In tanti anni, per lo più da sola contro quel sistema politico che doveva negare e nascondere l’evidenza, sostenuta dai cittadini che credono nei diritti e dal movimento Per il Bene Comune, ho portato avanti una battaglia imponente. 

È sinceramente un rammarico constatare che la politica è rimasta sorda e ha continuato a inseguire altre prerogative rispetto alla difesa del bene comune. Confido che i nuovi protagonisti della politica regionale possano in qualche modo tracciare un percorso risolutivo per la vita del servizio idrico e che, soprattutto, sia meno gravoso per i cittadini.